Alla luce delle novità normative in vigore dal 2017, l’Ateneo ha riavviato le procedure di progressione economico verticale anche sulla base della programmazione dei fabbisogni del personale. Il nuovo Regolamento interno in materia è stato emanato con grande ritardo nel luglio 2019 e le prime procedure (ad oggi sono pochissime quelle concluse rispetto all’originale programmazione) si sono avviate a dicembre 2020.

Sul tema, l’azione di CUB è sempre stata rivolta a stimolare la trasparenza della programmazione e delle procedure e il rispetto delle tempistiche della programmazione stessa.

Fin da subito CUB ha mosso critiche ad alcuni aspetti previsti a livello regolamentare.

Per esempio, l’attuale Regolamento prevede prove esclusivamente orali con ciò eludendo di fatto ogni possibile sindacabilità sulle valutazioni espresse dalle Commissioni esaminatrici nell’attribuzione dei punteggi numerici alle singole prove.

Già nel 2019, si era invece segnalato che la previsione di prove scritte, anche con modalità semplificate, sarebbe stata maggiormente idonea ad evitare potenziali arbitrii nell’esercizio delle scelte discrezionali/tecniche da parte delle Commissioni.

Sarebbe poi necessario che dette prove siano del tutto aderenti alla realtà del lavoro svolto, poiché la “logica” delle PEV è il “riconoscimento di ciò che uno fa già”, anche se l’attività svolta non è quella formalmente associata al ruolo del dipendente e anche se non sia stato formulato uno specifico incarico, aspetto sul quale si dirà meglio tra breve. Non è infatti superfluo aver ben chiaro che le PEV sono un istituto il cui scopo è ricondurre l’attività svolta in concreto al più corretto inquadramento professionale.

CUB ritiene che le PEV non debbano essere l’ennesimo esame, orale o scritto che sia, mettendo il dipendente nella condizione di tornare ancora una volta dietro un “banco di scuola” a studiare e nella posizione scomoda di esaminando.

Secondo noi, una Commissione di valutazione dovrebbe meramente riconoscere che il candidato già svolge “mansioni superiori” e, nel farlo, dovrebbe attenersi a criteri oggettivi, quali la valutazione dei titoli posseduti (quello utile al passaggio in sé ed eventuali altri), dell’anzianità di servizio, della permanenza in mansioni, anche di livello superiore non riconosciute ma di fatto svolte, e anche quanto tempo questi incarichi de facto sono durati.

Nel complesso, occorre sollecitare la nuova Governance al reperimento di risorse per aumentare la platea delle progressioni verticali, anche per favorire chi le attende, e con pieno diritto e merito, e che magari non riuscirà mai ad ottenerle, magari perché prossimo/a alla pensione.

Anche questa spinta in contrattazione sarà utile per “stanare” i reali intendimenti dei nuovi vertici aziendali (quelli per capirci propagandati nella recente campagna elettorale) e capire se anche questa dirigenza non sarà altro che il mero proseguimento della precedente, la quale su questo punto e su tutti gli altri ha impresso chiari segnali di distanza dalle esigenze del personale tecnico-amministrativo.


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