Proprio mentre l’Istat certifica l’inflazione al 12%, la parte economica del contratto del comparto Istruzione si chiude con aumenti ridicoli e con quasi 4 anni di ritardo.
Per la fascia stipendiale mediana gli aumenti sono di 100 euro lordi al mese.
Ma c’è anche da considerare che viene assorbita l’indennità di vacanza contrattuale e quindi rispetto alla situazione lorda attuale si deve sottrarre la somma corrispondente (tra 4.5 e i 7 euro).
Per calcolare l’aumento che effettivamente arriverà in busta paga bisogna ancora sottrarre la contribuzione previdenziale (circa 13%), la tassazione IRPEF che va allo stato (-25% o -35% a seconda dell’aliquota IRPEF massima applicata) e quella che va agli enti locali (addizionali IRPEF). Ne risulta che gli aumenti netti sono mediamente inferiori a quelli lordi del 40% per i redditi fino a 28.000 euro, o del 50% per quelli superiori fino a 50.000 euro.
Questi aumenti ridicoli mostrano che il nuovo contratto non recupera né il potere d’acquisto perso in questi anni, né il divario enorme che si è creato tra i nostri stipendi e quelli medi in Europa. Poiché il rinnovo del contratto riguarda il periodo 2019-2021 esso comporta la corresponsione di arretrati che costituiscono semplicemente un atto dovuto, ma che il governo e i sindacati suoi complici tendono furbescamente a far passare come un’elargizione e una conquista (non a caso arriveranno a dicembre come si trattasse di una quattordicesima mensilità)!
È bene sottolineare il fatto paradossale e grottesco che il contratto appena sottoscritto è scaduto da oltre 10 mesi, il 31 dicembre 2021! L’intero comparto Istruzione, Università e Ricerca è quindi ancora in rinnovo contrattuale. Perciò dobbiamo proseguire la mobilitazione per recuperare il potere d’acquisto perso e ridurre significativamente il divario con gli stipendi dei colleghi europei. Tanto più adesso che i nostri redditi sono divorati dagli aumenti generalizzati dei prezzi che derivano dai rincari energetici e dagli effetti della guerra. Per questo è assolutamente necessario che il nostro governo si adoperi per immediati negoziati di pace, si fermi la corsa al riarmo e si destinino quelle risorse alla spesa sociale, ai salari e alle pensioni.