Lo sciopero delle Università del 12 maggio, che ha abbracciato il personale precario e esternalizzato, ha visto una robusta partecipazione e ha posto all’ordine del giorno questioni importanti.

Proprio per questo il Governo è corso ai ripari con l’emendamento Occhiuto – che mira a sostituire i precari con altri precari – inserito in extremis, nell’ambito del Decreto Scuola, approvato d’urgenza, anche se urgenza non c’è…

Il travaso di norme dal decreto Bernini, arenato grazie alla mobilitazione di tutte/i, compresi professori associati e ordinari, all’interno del decreto Scuola, è del tutto incoerente e palesa il tentativo di far rientrare dalla finestra ciò che non si riesce a far passare dalla porta.

“Frenare le aspettative” è l’obiettivo dichiarato di questa nuova operazione governativa che tenta di assopire la mobilitazione contro i tagli al Fondo di Funzionamento dell’Università. Una mobilitazione del tutto legittima a difesa del futuro dell’Università pubblica in Italia.

Sono ancora numerose le iniziative dentro agli Atenei e sempre maggiore è l’intervento dell’Accademia, non solo in solidarietà, ma in opposizione al futuro prospettato per gli Atenei italiani.

Così, il 20 maggio, presso l’Università di Torino, 48 Professori Associati su 68 del Dipartimento di Culture, Politica e Società hanno sottoscritto un documento poi approvato a larga maggioranza dal Consiglio con la conseguenza che – per la prima volta – una struttura d’Ateneo ha deciso di sospendere i passaggi di carriera da professore associato a ordinario per destinare le risorse disponibili al personale precario.

L’iniziativa ha l’obiettivo di superare le generiche manifestazioni di solidarietà, che troppo spesso rimangono enunciazioni certamente condivisibili ma senza conseguenze concrete. La mozione vuole essere una linea di indirizzo per le future programmazioni che, speriamo, condizionerà le future scelte di un Dipartimento e di una Università che ha sempre mostrato grande attenzione al tema della precarietà.

L’idea di fondo è che per una volta non siano solo i precari e le precarie a pagare il prezzo delle riforme e dei tagli, anche se ovviamente su di loro pesa sempre il carico più grande. Una denuncia che rafforza le mobilitazioni del 12 maggio e le iniziative delle Assemblee Precarie e del sindacalismo di base, e non una soluzione al ribasso per affrontare i tagli.

In una situazione come questa, a noi di CUB pare evidente la differenza di rilevanza fra diritto alla carriera e diritto alla sopravvivenza e per questo chiediamo che tutti gli Atenei, compresa l’Alma Mater, seguano questo esempio e prendano al più presto posizione.

La speranza è che questa svolta si possa imporre a tutte le Governance e che persino il Rettore Molari, da mesi silente e irreperibile sul tema, si faccia parte diligente presso la CRUI e con la Ministra bolognese, Ministra che all’inaugurazione dell’anno accademico di marzo 2025 ha vantato solidi e quotidiani rapporti proprio con il nostro Rettore.

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