Il prossimo fine settimana tutti i cittadini italiani saranno chiamati a votare per i 4 quesiti referendari “sul lavoro” promossi dalla CGIL e pubblicizzati con lo slogan “il voto è la nostra rivolta“.

Sappiamo che il referendum è una pessima idea, perché porta al voto (o al non voto…) anche chi non si trova implicato/a in rapporti di lavoro. La storia lo dimostra, è già successo con il referendum relativo al taglio della Scala mobile del 1985 che ha portato a sganciare del tutto i salari dall’aumento del costo della vita, con l’avvallo della concertazione sempre complice e al massimo ribasso dei sindacati confederali.

Per CUB non è questo il modo di fare sindacalismo, questa è politica da politicanti. Lo dimostrano le “riflessioni” di alcuni esponenti politici di opposizione di questi giorni, che “puntano” a un 40% di votanti per bearsi della propria “base di massa”, esponendo senza alcun pudore le lavoratrici e i lavoratori a tutti gli attacchi che seguiranno al mancato raggiungimento del quorum.

Però il referendum c’è, e far mancare il quorum darebbe forza al governo (a qualsiasi governo), quindi andremo a votare!

Se dovesse andar male, come potrebbe accedere, le responsabilità delle classi dirigenti di tutti i sindacati sponsor saranno enormi, e speriamo che i loro iscritti glielo sappiano far pesare.

È necessario andare a votare e votare 5 Sì!
Un pessimo risultato rischierebbe di certificare definitivamente come ordinaria la precarietà nel mondo del lavoro.
Aprirebbe altresì la possibilità di procedere ancor più duramente nella flessibilizzazione del mercato del lavoro (già iniziata con il Decreto Lavoro del 2023) data l’assenza di una vera opposizione sociale.

Guarda il video di che sintetizza i 5 quesiti cliccando qui

Per saperne di più vi invitiamo vivamente alla lettura del testo di Mattia Scolari (CUB Milano) cliccando qui

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