I bonus son da mettere in tasca ma poi c’è poco da fischiettare felici. Speriamo sì che il “bonus bollette” arrivi negli stipendi di tutti e tutte (ma non sarà così: i bonus son sempre un azzardo), ma ci sentiamo di dire che queste prassi si risolvono alla lunga in un danno per i lavoratori. Di bonus in bonus si “calmiera” l’inadeguatezza degli stipendi ma non si risolve mai il problema: i bonus non sono salario, ma regalie; non diventano mai pensione né diritto stabilizzato e sono sempre sottoposti alle fantasie della politica. Di più: la politica li usa per non affrontare i problemi, come in questo caso: non si affronta la speculazione sui prezzi dell’energia, non si fa nulla per fermare la guerra (anzi…), ma si tamponano, occasionalmente, i motivi di scontento. Nel frattempo l’inflazione si allarga a macchia d’olio su tutti prodotti, ma “che importa? Gli abbiamo dato il bonus…”

Questo bonus poi è stato gestito con la fretta delle televendite: “a chi telefona subito dopo questa trasmissione regaliamo una scatola di cioccolatini al cadmio!”. Ci si domanda: non sapevano, i due governi che si sono succeduti, che stavamo pagando già da prima della guerra gabelle energetiche smisurate? Eppure, dopo un anno buono di aumenti, i documenti per avere il “bonus” vanno compilati dall’oggi al domani, in un weekend che per più di qualcuno è stato di passione (“ma questa bolletta la potrò inserire???”).

Alle colleghe e colleghi di ARAG va assolutamente riconosciuto di aver fatto l’impossibile per venire incontro a tutti e tutte, e va un pieno e sincero ringraziamento. Si muovevano in un campo pieno di trappole: le istruzioni non erano chiare e la circolare dell’Agenzia delle entrate era escludente (l’esclusione più vistosa e intollerabile era quella dei conviventi di fatto). Da parte loro, gli organi decisionali di UNIBO hanno voluto mostrare, come al solito, il volto del primo della classe.
Fare prima del prima; non confrontarsi con l’RSU, cosa che avrebbe consentito di far emergere in anticipo le criticità (ma quando mai! Avrebbe voluto dire legittimare questo organo, che invece in tanti vogliono affondare); imporre lo SPID, creando problemi a tanti colleghi, per non rinunciare a questa occasione per fare nudging digitale, ovvero per dare “spintarelle” non richieste a chi non è abbastanza lesto a digitalizzare anche la propria vita privata, come se questa fosse una giusta priorità dell’Ente verso lavoratori e lavoratrici.

In generale, riteniamo che la mercede del lavoro sia lo stipendio, non altri tipi di dazioni o sussidi. Ma se sussidi devono essere, che sia l’ISEE o qualcosa di simile la base per determinarli, non una lotteria basata su cose mai pensate o sapute prima, tipo a chi sono intestate le bollette. Altrimenti scadiamo, come detto, nel gioco d’azzardo.

Ma c’è un’altra domanda da farsi. Da dove vengono i premi della lotteria? Al quesito risponderemo nella seconda parte.