Di seguito riportiamo dell’intervento che abbiamo presentato all’Assemblea cittadina svoltasi ieri a Bologna promossa da tutti i sindacati di base che hanno aderito allo Sciopero del 28 novembre.
La CUB è un sindacato che non ha legami con governi o con i partiti politici, parlamentari o extraparlamentari. Questa autonomia le permette di agire sempre nell’interesse dei lavoratori, senza compromessi esterni.
Conta centinaia di migliaia iscritti in tutta Italia, organizzati nelle principali federazioni. Presso l’Università di Bologna, la CUB è il primo sindacato di base da sempre, a dimostrazione della sua capacità di radicarsi e rappresentare concretamente chi lavora.
Oggi interveniamo partendo da alcuni dati che descrivono la complessità del momento storico e che dobbiamo riportare con rigore perché spesso vengono manipolati per giustificare scelte politiche sbagliate.
Partiamo dal sistema fiscale che la legge finanziaria sta perpetuando.
L’Italia è un Paese in cui l’85% della base imponibile IRPEF è costituita da redditi da lavoro e pensioni. La speculazione e la rendita, invece, sono sempre ben trattate dai Governi, sempre eluse.
Assistiamo da decenni a un trend strutturale: le aliquote più basse sono aumentate, quelle più alte sono diminuite. Nel 1974 avevamo 32 scaglioni dal 10% al 72%; oggi ne abbiamo 4, dal 23% al 43%. La prossima manovra ridurrà la seconda aliquota dal 35% al 33%, avvicinando il sistema alla cosiddetta “flat tax”, un’imposta non progressiva che tutela i redditi più alti.
Si è affermato: “abbiamo ridotto il carico fiscale”. Ma lo stesso Ufficio Parlamentare di Bilancio attesta che la riduzione del prelievo è stata di circa 3 punti percentuali, mentre il drenaggio fiscale è stato pari a 3,6 punti. Senza indicizzazione all’inflazione, paghiamo quindi più tasse pur avendo meno potere d’acquisto.
Il potere d’acquisto è al cuore del problema. Tra il 2022 e il 2025 l’inflazione ha eroso pesantemente i redditi. I nuovi contratti nazionali – pensiamo al pubblico impiego – coprono appena un terzo della perdita. Un modello contrattuale subalterno e incapace di tutelare chi lavora.
Intanto il Governo persegue la riforma del salario minimo: vengono eliminati i 9 euro minimi e la commissione di aggiornamento, ma resta il riferimento ai contratti “maggiormente applicati”. In un Paese dove negli appalti domina il Multiservizi, significa legittimare i contratti peggiori.
Si spinge verso un modello in cui la contrattazione di secondo livello sovrasta quella nazionale e i diritti vengono frammentati per territorio e azienda. L’obiettivo dichiarato è contenere il costo del lavoro. Mentre si taglia sul salario, si spinge sul welfare aziendale: una trappola che toglie salario vero e vera contribuzione, smantellando pezzo dopo pezzo lo Stato sociale.
Il 5% del PIL – più di 100 miliardi – destinati alle spese militari. Scelta drammatica! Questa decisione aumenta il debito, rende l’economia dipendente dall’industria bellica e alimenta le dinamiche prebelliche.
Per queste ragioni la CUB ha proclamato per il 28 novembre lo Sciopero Generale Nazionale, al quale ha aderito tutto il sindacalismo di base!
Noi chiediamo:
- 500 euro di aumento mensile su tutti i contratti;
- scatti biennali automatici;
- scala mobile contro l’inflazione;
- salario minimo a 12 euro l’ora con aggiornamento di tutti i contratti;
- investimenti in sanità, scuola, trasporti, edilizia pubblica e transizione ecologica;
- la fine del genocidio e di tutte le guerre, con una moratoria internazionale sulla produzione e il commercio di armi.
Scendere in piazza significa dire no a un Paese di salari poveri e diritti negoziabili. Scioperiamo la guerra, scioperiamo per i diritti di tutte e tutti.
In Università sciopereremo:
- per rafforzare il boicottaggio accademico contro chi è complice dei conflitti;
- contro la più grande espulsione di massa nella storia della ricerca universitaria, con la scadenza di migliaia di contratti precari;
- contro le nuove direttive governative che vogliono disciplinare gli Atenei.
Chi lavora è sempre più povero perché in Italia non c’è tutela effettiva del potere d’acquisto. Noi non ci stiamo: contrastiamo l’attuale e costruiamo nuove prospettive.
Lo abbiamo fatto tra settembre e ottobre e lo rifaremo il 28 novembre. E continueremo a farlo, cercando di costruire sempre una vasta convergenza tra le forze sociali portatrici di politiche popolari e antimilitariste.
