Nella giornata di ieri abbiamo partecipato al presidio studentesco organizzato in concomitanza della seduta del Senato Accademico, durante la quale era in discussione la mozione, approvata all’unanimità dal Consiglio degli Studenti, che abbiamo sostenuto.

La versione originaria della mozione si articolava in quattro punti:

  1. interruzione delle collaborazioni con Università israeliane;
  2. interruzione dei rapporti con Aziende israeliane;
  3. cessazione di ogni cooperazione con l’industria bellica, italiana e non;
  4. fine dei rapporti con la NATO e la Marina Militare e altri soggetti analoghi.

Il Senato Accademico ha tuttavia approvato una versione emendata, proposta da CGIL, che ha significativamente depotenziato il contenuto iniziale della mozione. In particolare, pare sia stato approvato solo l’impegno a non avviare nuove collaborazioni, senza prevedere l’interruzione di quelle già in essere, salvo eccezioni marginali. Nessuna delle richieste relative all’interruzione dei rapporti con l’industria bellica o con strutture militari come la NATO è stata accolta. Ancor più grave, come la delibera dello scorso giugno, la nuova pronuncia del Senato Accademico non considera minimamente le collaborazioni attivate dai singoli dipartimenti che non saranno dunque nemmeno intercettate.

Per questo riteniamo la decisione insufficiente e non all’altezza della gravità del momento storico che stiamo attraversando.

La mozione approvata dal Senato Accademico rappresenta il solito approccio misoneista della attuale Governance.

Non sorprende quanto ci viene riferito, ovvero che il senatore della CGIL, avrebbe inizialmente promesso sostegno alla mozione studentesca, ma poi avrebbe preferito adottare un profilo più esposto, in un passaggio che ha spaginato gli equilibri in campo.

Noi tutte/i sappiamo che dopo lo sciopero del 22 settembre non è più possibile sostenere una “mezza misura” e crediamo sia incredibile che la mobilitazione studentesca sia stata fatta naufragare da parte di un rappresentante TA.

Ora più che mai facciamo fatica a riconoscerci in un Ateneo che sentiamo sempre più distante dai nostri valori e dal nostro modo di essere.

Continueremo a mobilitarci, sostenendo l’obiezione di coscienza dove necessario e valutando ogni possibile azione.

Non riteniamo che ci siano posizioni sottratte al confronto o alla responsabilità.