Con il 2023 si esauriscono le possibilità di proroga per la polizza sanitaria (attualmente Unipol). L’Ateneo dovrà aprire una nuova procedura di bando. Sono mesi che cerchiamo di ottenere spazi di discussione con l’Amministrazione su questa misura di welfare, ma ogni volta che si apre uno spiraglio i risultati sono al di sotto delle aspettative.
Ci sono dei dati: il 73% dei colleghi, nel corso dei 4 anni, si è iscritto al portale. Solo il 50% ha utilizzato almeno una volta la polizza nell’ultimo anno.
Il costo della polizza è di circa 1 milione di euro l’anno e la “restituzione” in termini di prestazioni ammonta circa alla stessa somma.
Gran parte delle comunicazioni dell’Amministrazione si concentra su questi dati, salvo dire che hanno pochi dati perché Unipol non li cede.
I dati comunque raccontano solo un pezzo della realtà. Ciò che noi chiediamo è di poter discutere della questione welfare e sussidi nel suo complesso. Alle spalle della polizza sanitaria privata c’è lo svuotamento dei sussidi per il personale, e a motivazione dello svuotamento c’era la considerazione che i sussidi rimanevano inutilizzati. Ma oggi (come dal 2018) diciamo: bisogna riformare i sussidi in modo che molti/e possano accedervi; non bisogna invece usare il loro pessimo regolamento come motivazione per travasare quei soldi sulla sanità privata.
Ogni rafforzamento della sanità privata è un danno a quella pubblica, sarebbe bene ricordarsene anche solo egoisticamente per quando andremo in pensione…
Passiamo tempo prezioso, in sede di tavolo sindacale con l’Amministrazione, a discutere di dettagli attorno alla polizza, quando bisognerebbe ripensare a forme di welfare per il personale che consentano prestazioni soddisfacenti lasciando fuori il profitto privato di Unipol (o di chi le subentrerà… compresa quindi, come è sempre possibile, di nuovo Unipol). Rifinanziare i sussidi, rettificarne le storture, saper gestire internamente (in Unibo) forme di rimborso altrettanto e più efficaci per le spese sanitarie, intercettare quel 1/4 di colleghi/e che manca all’appello della polizza, stilare convenzioni con il Sant’Orsola e altre strutture pubbliche… Il tutto si potrebbe fare nel segno di un’inversione di tendenza, quella che vedrebbe un Ente dell’importanza del nostro schierarsi a favore e a difesa della sanità pubblica. Non sarebbe questa una straordinaria “terza missione”, una vera attività di “valore sociale”?
Al momento le cose vanno in tutt’altra direzione. Invece di prevedere tempi e modi di una discussione a tutto campo, l’Amministrazione tira fuori dal cilindro un questionario assertivo e non più comparativo rispetto ad altri strumenti, tutto interno alla logica della polizza che verrà (e che tornerà, magari peggiorata: il profitto, per le compagnie private, non è mai abbastanza).
Anche se il dirigente del personale ripete che “sarà possibile una discussione a tutto campo”, è chiaro che con un questionario così orientato, quali che siano i risultati, la discussione sarà solo su come cuocere e “impiattare” meglio la polizza dell’anno prossimo.
Nel 99,9% dei casi i “questionari” servono solo a farsi dire ciò che si vuole sentirsi dire; e la lettura dei loro risultati serve a rigirare le opinioni “leggermente contrarie” in modo da renderle del tutto inoffensive. Questo, lo diciamo fin d’ora, non farà eccezione.