Come sanno i migliori produttori di lavatrici e di telefonini, l’obsolescenza programmata è l’anima del commercio. Prendi un nuovo prodotto, per esempio un nuovo strumento di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, e lo lanci con fuochi d’artificio e grande esibizione di marketing. Siori e Siore, con questo novissimo TeleImpiego potrete lavorare da casa col DattiloTerminale e noi, il vostro Illuminato Datore di Lavoro, ne saremo felicissimi, anzi vi si dice “bravi” e “grazie”, così non intasate le strade, non dovete fare lo scatto al marcatempo per prelevare il pupo all’asilo, e quindi siete più felici e rendete più felice ancora il vostro o la vostra Responsabile, perché siete più “sul pezzo” e “produttivi”. Era l’ottobre del 2020, e in tanti e tante eravamo davvero contenti di questi nuovi strumenti conciliativi.

Ma poi, proprio come con lo smartphone e il tablet, iniziano gli “aggiornamenti automatici”. Non importa che ci fosse un accordo, firmato da alcuni sindacati, che poneva alcune garanzie, e che tali garanzie venissero fatte saltare dagli “aggiornamenti”. I produttori di smartphone non badano a certe sottigliezze: mica si può fermare la corsa del progresso con certe vetustà sindacali (e i sindacati firmatari di quell’accordo devono essere anche loro della stessa idea, visto che non hanno mai ritirato la firma). Lo scopo degli “aggiornamenti automatici”, come è noto, è quello di far saltare gli equilibri interni all’istituto che si aggiorna.

Dapprima i giorni in TL potevano essere quanti si voleva, bastava ci fosse l’accordo del/della Responsabile. Poi già a dicembre 2020 (due mesi dopo!) diventano due, pur “senza voler precludere” la possibilità di farne di più. Ad aprile 2021 diventano “un numero massimo, di norma, pari a 2 giornate”: farne di più diventa quasi una chimera, anche quando c’è l’accordo del/della responsabile. Si veda qui il nostro comunicato del 29.11.2021. Oggi per poter fare più di due giornate di lavoro da casa bisogna poter esibire situazioni di particolare disagio (familiari o di salute), a fronte delle quali si ottiene la “concessione”, si direbbe controvoglia, di un’estensione del TL, da rinnovare anno dopo anno (sarà ogni volta necessario “marcare visita”?).

Ma i (pessimi) “aggiornamenti” non si fermano qui. Sempre senza “toccare” l’accordo sindacale, che sta lì come un diploma impolverato e sotto vetro, la Dirigenza sostituisce la modulistica per gli accordi individuali di TL, e vi inserisce un’opzione assai maliziosa. Quella tra:

  1. telelavoro “per un numero di giornate pari a (da 1 a 6)” (ma sappiamo benissimo che il massimo per quasi tutti/e è 2)
  2. e, ecco la novità, telelavoro “fino a un massimo di X giornate”. Che spesso significherà “fino a un massimo di 1 giornata“.

Quello a cui si dà la stura è che nelle situazioni in cui la posizione dell’aspirante telelavorista è più fragile e quella del/della Responsabile più “all’attacco, si arriverà facilmente alla firma di un contratto individuale che prevede il TL “fino a un massimo di 1 giornata”, e cioè saranno possibili anche le settimane a “zero” giornate. Ovvero il TL a piacimento, il TL a gradimento del Responsabile. Alla faccia dalla generalità dell’istituto e della selezione già garantita, a monte, dal bando.

Si arriva così ad avvicinare il TL all’aspetto più criticabile dello Smart Working, ovvero la “fluidità” dell’istituto, la scarsità di garanzie sul tempo effettivamente telelavorabile. Ma gli “aggiornamenti” non bastano mai, e anche sullo Smart Working la nuova dirigenza pone condizioni sempre più al ribasso per potervi accedere. E ci giungono voci che parlano della sottrazione del PC in ufficio a fronte della concessione del portatile per TL o SW, costringendo così a portarsi dietro la zavorra di un computer sulla schiena ogni giorno di presenza – alla faccia della “conciliazione” e del “benessere” lavorativo.

A questo punto chiediamo di nuovo di rimettere le carte in tavola. L’amministrazione non si sente più vincolata da quell’accordo? Lo stracci apertamente, e riapra la discussione. Sarebbe una buona prassi di trasparenza. E invece no: anzi, l’accordo (calpestatissimo) sul telelavoro è richiamato persino nel nuovo integrativo, quello che CGIL e CISL non vedono l’ora di firmare, e che invece l’RSU a maggioranza ha respinto. Le buone prassi possono aspettare, il marketing continua.