Come CUB, già a dicembre (precisamente il 13), avevamo formalmente richiesto alla parte pubblica la convocazione di un incontro ad hoc sull’applicativo presenze in sperimentazione dal mese precedente (vedi link).

Il nostro obiettivo era chiaro ed esplicito: mettere nero su bianco che il nuovo applicativo NON è inadatto perché non funziona, ma perché funziona esattamente come vogliono Loro e molto male per Noi (vedi link).

A marzo, vista l’assenza di risposte, abbiamo provato a sollecitare nuovamente il dibattito tramite una richiesta di convocazione della RSU (vedi link). Ma anche in quel caso la questione è stata rimandata al mittente – complice, lo sappiamo, anche la contestuale campagna elettorale per il rinnovo delle RSU stesse (secondo alcuni si doveva tacere per non disturbare il voto in corso, secondo noi si volevano solo sopire le voci di alcuni sulle varie problematiche).

Anche se ora qualcosa dentro la RSU si sta movendo, nel frattempo, piano piano, EVO è diventato (o sta diventando) il nostro quotidiano – ma ovviamente non in senso positivo.

Perché il sistema, così com’è pensato, non serve a semplificare ma a sorvegliare. Non è una piattaforma di rilevazione, ma uno strumento di controllo che si accompagna a una costante deriva sempre più aziendalistica.

E le modalità attraverso cui questo controllo si manifesta sono fin troppo note. Alcune di esse congenite all’applicativo stesso, altre derivanti dall’applicazione che, in alcune realtà/strutture, ne viene fatta:

  • richiesta di giustifica scritta anche solo per 1 minuto di ritardo;
  • approvazioni negate per ferie o permessi già accordati verbalmente o scritti nei vari file di programmazione, da alcuni anni tanto in voga;
  • notifiche continue e inutili alle/ai responsabili, unite ai segnali di errore che noi visualizziamo sulle varie giornate – che sembrano fatti apposta per creare ansia, stress e confusione;
  • segnalazioni automatiche che ignorano il lavoro reale adesso necessario per comprendere gli errori, segnalati anche in difformità alle linee orarie assegnate (pausa pranzo).

In altre parole, la flessibilità promessa negli anni con l’attuazione del lavoro da remoto si è trasformata in rigidità degli orari da svolgersi in ufficio, mascherata da un presunto rinnovamento che invece si accompagna a preoccupazioni e adempimenti inutili (vedi link).

La gestione delle presenze si irrigidisce con le giustifiche, in funzione di un spasmodico controllo e, al contempo, ci viene scaricato addosso l’onere di dover capire e correggere autonomamente le timbrature, manco fossimo tutti esperti gestori del programma.

Proprio per questi motivi continuiamo a insistere sul “come funziona” questo applicativo, perché è proprio lì dove si nasconde e nasce il problema. Non è un errore di codifica del software, ma una precisa scelta politica di tipo aziendalistico (vedi link).

Non serviva un nuovo programma, spendere soldi, e non serve aggiornare un programma creato per il lavoro dei turnisti e non adattabile al nostro contesto.

Occorre, invece e soprattutto, cambiare l’approccio dirigenziale, anche per attuare, finalmente, la conciliazione vita/lavoro, in presenza o da remoto, non frapponendo in continuazione paletti che generano lesioni di diritti e stress continuo su lavoratrici e lavoratori.

EVO-luzione o IN-voluzione?

Per noi, la tecnologia non può essere usata contro chi lavora! Lo abbiamo detto più volte, ad esempio in relazione ai controlli a distanza attuati con Teams, e non smetteremo di testimoniarlo in tutte le sedi!

Torniamo quindi a chiedere con fermezza di accantonare questo EVO!