Nella comunicazione di In Primo Piano di novembre, il nuovo format con cui l’Ateneo comunica le delibere approvate dagli Organi Accademici, si afferma che le collaborazioni con istituzioni e aziende israeliane avrebbero “natura esclusivamente civile”. E saranno pertanto mantenute.

Ma, nel contesto attuale, è ormai chiaro come i “fini civili” possono essere rapidamente riconvertiti in fini militari e come le Università debbano allinearsi a questi scopi.

Come è stata condotta la ricognizione degli Accordi stipulati dai Dipartimenti 

Con la massima correttezza, segnaliamo che la ricognizione delle collaborazioni presso i Dipartimenti appare parziale. Infatti, è stata semplicemente inviata una comunicazione in cui si chiedeva ai singoli Dipartimenti di valutare quali fossero le collaborazioni critiche, stimolando una sorta di “autodenuncia”. La richiesta pare sia stata inoltre limitata alle sole collaborazioni con soggetti israeliani, escludendo pertanto gli accordi con le aziende belliche. 

È quindi evidente che questo metodo selettivo non costituisce una vera e propria ricognizione. In più, risulta sorprendente – e, per certi versi, preoccupante – che l’Ateneo non disponga ad oggi di un quadro completo e sistematico delle collaborazioni dei Dipartimenti, tanto da dover affidarsi alla memoria e alla disponibilità dei singoli docenti, alcuni dei quali potrebbero non aver nemmeno risposto alla richiesta.

Come sono valutate le collaborazioni 

Ci sono persone che considerano questi accordi “marci” (cit.) perché il contesto politico, istituzionale e scientifico in cui queste collaborazioni si collocano è tale da sollevare dubbi davvero profondi.

In effetti, anche volendo usare la massima indulgenza, si fa davvero fatica a credere che tali collaborazioni possano proseguire. Vi proponiamo una breve analisi che abbiamo svolto .

1. Ministero della Giustizia israeliano — SIMPLEX / Akoma Ntoso

Criticità: una collaborazione diretta con un ministero, in questo momento storico, produce un accostamento istituzionale troppo stretto. Lo strato tecnico del progetto non protegge dal fatto che l’università sia interlocutore di un apparato statale coinvolto in un genocidio.

Motivo per chiuderla: non è un’iniziativa neutra. Trasmette un allineamento istituzionale che un ateneo pubblico non può assumere senza compromettere la propria credibilità come luogo autonomo di ricerca e di tutela dei diritti.

2. Collaborazioni tecnologiche ad alta esposizione

Aurora Labs — software e cybersecurity
Siemens EDA — microelettronica e tool di progettazione
Weebit Nano — dispositivi di memoria avanzati

Criticità: le tecnologie interessate rientrano in categorie intrinsecamente sensibili: gestione remota di sistemi complessi, sicurezza software, microelettronica avanzata, diagnostica predittiva. Una parte di questo know-how è facilmente trasferibile ad in altri ambiti.

Motivo per chiuderla: proseguire significa accettare che l’ateneo diventi un nodo di filiere tecnologiche opache. La distanza critica, qui, è insufficiente. Queste collaborazioni influiscono anzi contribuiscono a creare infrastrutture industriali, con applicazioni belliche.

3. Collaborazioni scientifiche rilevanti ma non separabili dal contesto nazionale

Weizmann Institute — bioinformatica
Kamada — biofarmaceutica
ExoNavis — esosomi e drug-delivery

Criticità: un istituto scientifico di punta o un’azienda di rilevanza nazionale non sono interlocutori neutri: la loro posizione nel sistema di ricerca nazionale è strutturale. Le traiettorie di ricerca non sono mai esclusivamente accademiche e si inseriscono in ecosistemi strategici complessi.

Motivo per chiuderla: mantenere attive queste collaborazioni significa accettare di essere parte di un ecosistema in cui ogni decisione è osservata con attenzione. L’università deve garantire che le proprie scelte non vengano interpretate come allineamenti non deliberati. Anche in questo caso, nonostante la qualità scientifica, le collaborazioni sono idonee ad incidere in modo rilevante sul sistema di innovazione e ricerca dello Stato israeliano. E anche in questo caso, le applicazioni belliche sono dietro l’angolo.

4. Collaborazioni minori, ma comunque inadatte

HT Vet — termografia veterinaria
Gals Bio — diagnostica
Flying Spark — proteine da insetti
Ben-Dor Fruits — licenze vegetali

Criticità: attività di basso profilo scientifico o prettamente commerciali, che non producono valore accademico significativo ma generano esposizione reputazionale.

Motivo per chiuderla: anche se non problematiche in sé, queste collaborazioni non hanno peso scientifico sufficiente per compensare il costo reputazionale e politico. La loro rimozione è una misura di tutela istituzionale.

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Cosa pensa il personale TA?

Nel corso di un’assemblea sindacale, è stato osservato da parte del rappresentante TA in SA espresso in quota CGIL che la posizione dell’Ateneo sarebbe tutto sommato da ritenersi “moderata” e che questo “sia già qualcosa”.

Questo “qualcosa” però, è un’espressione che, in questa fase storica, lascia aperta una domanda inevitabile: moderati rispetto a cosa?
Alla guerra? Al riarmo? Alle conseguenze umane e politiche che colpiscono la società civile?
Oppure moderati contro tutto questo?

Secondo noi non è che si debba scegliere sempre e per forza la radicalità, ma non si può essere moderati quando studenti, lavoratrici, lavoratori e una parte importante del corpo docente chiedono con chiarezza che queste collaborazioni vengano interrotte.

In situazioni di questa gravità la moderazione rischia di diventare un modo elegante per non assumersi responsabilità. E un’università pubblica non può restare nella zona grigia.

Per queste ragioni abbiamo più volte affermato che le soluzioni fino ad oggi intraprese non sono altro che gesti di facciata e che la chiusura delle collaborazioni con istituzioni e aziende israeliane non è una posizione estrema, ma la coerente conseguenza delle analisi svolte dalla comunità accademica e della volontà da essa espressa.

Ed ecco la riprova: una nuova mozione inaccettabile

Durante la seduta del Senato Accademico del 16 dicembre, l’ultima per l’anno corrente, alcuni docenti dell’area medica hanno presentato una mozione volta a rafforzare e ampliare i rapporti di collaborazione con soggetti dello Stato di Israele. Una proposta di questo tipo non avrebbe mai dovuto essere avanzata.

La stessa mozione mette in luce come le delibere già adottate dal Senato Accademico siano insufficienti e prive di reale forza prescrittiva. L’iniziativa appare quindi opportunistica: la presentazione della nuova proposta evidenzia come alcuni intendano sfruttare questa debolezza per far rientrare velocemente e dalla porta principale ciò che era stato lasciato andare dalla finestra senza tanta convinzione.

Il paradosso si accentua osservando l’iter seguito: la mozione è stata inserita all’ordine del giorno e sottoposta a votazione, mentre – come ricorderete – altre proposte, avanzate dagli studenti per approfondire e rafforzare le delibere esistenti, non sono state neppure calendarizzate (vedi link). In questo modo, iniziative volte a consolidare le scelte già adottate vengono trascurate, mentre una proposta dei docenti, diametralmente opposta agli orientamenti attuali, ottiene immediata attenzione.

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Università e collaborazioni con Israele: chi taglia, chi media

Nel panorama internazionale, alcune Università hanno deciso di chiudere completamente tutti i rapporti con partner israeliani, come il Trinity College Dublin e la Ghent University, interrompendo ogni tipo di collaborazione accademica e di ricerca con partener israeliani. Si tratta di scelte nette e senza eccezioni, dettate dalle pressioni interne di studenti e personale docente e non docente.

In Italia, invece, la situazione è molto diversa. Nessuna Università ha chiuso tutte le collaborazioni con istituzioni israeliane. Alcune, come Ca’ Foscari Venezia, Università di Siena e Università di Palermo, hanno approvato mozioni o sospeso parzialmente alcuni accordi (un po’ come fatto da Unibo), ma nessuna ha deciso un taglio totale dei legami accademici. Si sono fatte valutazioni caso per caso, sospensioni selettive o linee guida etiche per futuri accordi.

Questo approccio “moderato”, lascia aperti forti interrogativi e rischia di creare danni importanti per il futuro dell’Ateneo. Senza trascurare i “danni” che saranno materialmente prodotti dalle collaborazioni stesse…

 

Auguri di Buon Natale a tutte/i, con un pensiero speciale al popolo palestinese, costantemente sotto la violenta aggressione perpetuata nel silenzio generale.