In occasione dello sciopero sono state lanciate due appuntamenti dalle sigle promotrici:
Ore 09.30 Presidio alla Prefettura di Bologna per fare pressione sul governo Meloni
Ore 19.00 Presidio all’Interporto per fermare la logistica di guerra
Come CUB, inoltre, proponiamo alle ore 16.30 in Piazza Scaravilli un momento di Discussione pubblica focalizzato sull’Università con Giovani Palestinesi e Assemblea Precaria Universitaria, aperto a tutte le componenti e a cui invitiamo tutte le colleghe e i colleghi interessati.
Interrompere ogni collaborazione con Israele dell’Università. A che punto siamo?
Se ormai anche il Presidente della Repubblica dichiara che è ora di «assicurare l’accesso umanitario alla Striscia di Gaza e porre quanto prima fine alle inaccettabili sofferenze della popolazione civile», se il Ministro degli Esteri Tajani fa seguito dicendo che “Netanyahu deve fermare i raid su Gaza” se i governi di Francia, Regno Unito e Canada considerano una “vergogna” quello che sta accadendo a Gaza e “inaccettabile” l’operato di Netanyahu che si troverebbe “dalla parte sbagliata della Storia”, se la presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, classifica come “abominevoli” le azioni di Israele a Gaza, se addirittura il Cancelliere tedesco Merz dichiara di non capire “quale sia l’obiettivo di causare tanta sofferenza alla popolazione civile” e se anche Trump crede che sia il momento di “fermare l’intera situazione il più rapidamente possibile” significa che non è più possibile, neanche per i più stretti alleati di Israele, negare l’ampiezza del Genocidio in atto. Questo almeno fino a che l’attacco all’Iran non ha puntualmente distolto l’attenzione dalla scena del crimine.
Ma cosa si ferma un Genocidio?
Ci sono tanti modi, a partire dalla resistenza del popolo oppresso, alla mobilitazione continua della società civile in tutti i paesi del mondo, alle manifestazioni, scioperi, denunce, campagne di boicottaggio e sanzione. In una parola: bisogna fare PRESSIONE.
Pressione sui governi e sulle istituzioni per costringere Israele a fermarsi e riprendere le trattative, obiettivo minimo per fermare le indicibili sofferenze che il popolo palestinese sta affrontando in questi mesi. Da questo occorre partire, pur consapevoli che la situazione si presenta molto più complessa perché determinata alle origini da un processo di colonizzazione sionista, talmente destabilizzante per l’intero Medio Oriente da essere sfociato apertamente nel Genocidio e nella Guerra.
Sudafrica e Russia, due esempi concreti
Senza scomodare casi famosi come quello dell’Apartheid in Sudafrica, dove vennero interrotti tutti i rapporti diplomatici ed economici con il governo suprematista bianco, contribuendo ad accelerarne la caduta, guardiamo a quanto fatto con la Russia, dove, ad esempio, tutti i rapporti accademici sono cessati dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina del 2022. Ricordiamo come i progetti di ricerca sono stati interrotti da un momento all’altro dalle istituzioni europee e nazionali senza troppe domande da parte delle governance universitarie sul ruolo della Scienza e della libertà della comunità accademica internazionale. Soprattutto di Unibo che fu la prima ad adeguarsi su tempestiva indicazione del Rettore Molari.
Perché con Israele non si può fare?
Quando si parla di Israele, invece, queste preoccupazioni, unite ad altre di carattere più ordinario (come fare con i contratti avviati e con i finanziamenti previsti?) sembrano essere determinanti per non fare nulla e lasciare tutto così com’è. Rifiutiamo la logica dei due pesi e delle due misure, perché determinata da considerazioni di carattere geopolitico, che perdonano agli alleati quello che invece si condanna dei nemici.
Cosa chiediamo al Rettore Molari?
Nuovamente questa settimana il Senato Accademico discuterà una mozione presentata dalla componente studentesca per fermare le collaborazioni con Israele. Speriamo non si concluda con il solito nulla di fatto. Chiediamo SENZA SE E SENZA MA che l’Università di Bologna lanci un segnale forte, come una Istituzione di questo tipo può dare, INTERROMPENDO CON EFFETTO IMMEDIATO TUTTE LE COLLABORAZIONI IN ESSERE CON ISRAELE. Israele, a differenza ad esempio della Russia, è totalmente dipendente dal sostegno dei paesi alleati e un eventuale regime sanzionatorio potrebbe bloccare effettivamente la capacità militare ed economica del paese. Non è più possibile aspettare, il Rettore ci deve mettere la faccia. Come sindacato e componente tecnica-amministrativa continueremo questa battaglia di civiltà nelle sedi e nei modi adeguati fino al conseguimento di un risultato pieno e definitivo.