Diventa inesorabile realtà, nelle biblioteche, quel “progetto di gara d’appalto” per Servizio di prestito, restituzione e quick reference presentato nella primavera del 2021. Ricordiamo i suoi scopi dichiarati, che è difficile leggere senza un sorriso amaro: “grande rilievo alla qualità… per valorizzare i Lavoratori”, con l’obiettivo dell’“estensione oraria serale e week end, il diverso impiego di parte del tempo degli studenti 150 ore (supporto ai pari, moduli di formazione su Information Literacy, ecc.), la gestione delle situazioni di emergenza, anche a seguito di cessazioni impreviste, la riqualificazione personale UNIBO su servizi avanzati con sviluppo di nuove competenze (Information Literacy, Open Access, terza missione)”.
Buona parte di questi obiettivi indicano semplicemente una visione del mondo al contrario, come è quella di un bel pezzo della nostra dirigenza. Se, per esempio, i 150 ore sono diventati “indispensabili” per mandare avanti alcuni servizi (ed è purtroppo così), sarebbe il caso di sostituirli con… dipendenti regolarmente assunti. E invece no: nel mondo al contrario si mandano i 150 ore a fare “formazione”, pur di sottrarli alla disponibilità e quindi creare il bisogno di precari “delle cooperative” che lavorino al loro posto.
Nel mondo al contrario si usa poi la scusa delle situazioni di emergenza, almeno stando a quello che si sente in giro, ben a sproposito. Va in pensione un/a collega? Potrebbe essere una “situazione d’emergenza” anche questa, da “sanare” con l’invio di un’unità precaria – ovvero di una persona che spesso avrebbe tutto il diritto di partecipare a un concorso per occupare stabilmente quello stesso posto che occuperà, invece, ricattabile e con il piede sull’uscio.
Sull’estensione dei servizi (la notte, la domenica, Pasqua e Natale magari anche, poi le consegne a domicilio…) sarebbe poi il caso di piantarla di fare retorica e marketing. Un Ente prestigioso, il cui compito è la formazione qualificata, non può inseguire ogni richiesta come se fosse un supermercato, ma deve concentrarsi sul suo “core business”: ovvero l’alta formazione e i servizi strettamente connessi.
Forse sarebbe allora meglio usare il termine giusto, e indicare la finalità implicita di queste operazioni: privatizzare la gestione dei servizi, rendendo oggi anche i “punti prestito” delle biblioteche un luogo spesso scollegato e iperprecarizzato come sono già diventate le portinerie. Portinerie affidate in modo alterno e imprevedibile al generoso sforzo, o alle ben comprensibili difficoltà, di personale che lavora accanto a noi ma è destinato a rimanere per sempre di serie B; senza le nostre (relative) sicurezze e diritti, neppure quelli elementari di partecipazione alla vita sindacale dell’Ateneo.
Visto che il blocco delle assunzioni è stato rimosso, non c’è più alcun pretesto per continuare con l’affidamento di servizi all’esterno.