L’8 marzo 2022 CUB invita le lavoratrici e i lavoratori di tutti i settori privati e di tutti i comparti pubblici a scioperare!
• Contro la violenza e l’oppressione di genere, spesso all’origine di altre diseguaglianze
• Contro tutte le forme di discriminazione nei luoghi di lavoro, anche con riferimento al lavoro precario
• Contro lo smantellamento dello stato sociale, per il diritto al lavoro, a un salario dignitoso, alla parità salariale tra lavoratrici e lavoratori anche nel settore privato nonché tra impiego pubblico e lavoro privato e per le legittime aspettative di progressione e carriera in tutti i comparti pubblici
• Per un’età pensionabile che tenga conto anche dell’aggravio del lavoro domestico
• Per la salvaguardia dei diritti nel lavoro da remoto, che spesso penalizza più di tutti le donne
• Per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro
• Contro la GUERRA, che non è mai giusta e contro l’enorme spreco di risorse in armamenti
• Contro la guerra sociale, che null’altro è che un conflitto aperto in cui le ragioni della moltitudine vengono scavalcate dagli interessi di pochi
Anche quest’anno la CUB è in prima linea con il movimento femminista Non Una di Meno insieme alle altre organizzazioni sindacali di base e a tantissime/i donne e uomini. Non vogliamo parlare indistintamente di donne: il nostro impegno è di classe e non soltanto di genere.
Ci sono donne che occupano posizione di potere, che hanno un reddito elevato, che riproducono modi di agire tipicamente maschili e che non sentono alcuna solidarietà verso chi non ha i loro privilegi. Non è per queste donne che rivendichiamo reddito, diritti, dignità: li hanno già e troppo spesso si comportano con la stessa mancanza di scrupoli degli uomini loro pari.
Noi ci rivolgiamo alle donne che costituiscono la maggioranza della popolazione e che si vedono ostacolate nella vita quotidiana e nel lavoro per il solo fatto di essere donne: faticano di più e spesso hanno prospettive di guadagno minori rispetto agli uomini. Tale squilibrio va certamente a danno dell’intera classe lavoratrice.
Adesso è sotto gli occhi di tutte e tutti quanto è accaduto nei settori di lavoro privato, nei quali, dopo due anni di crisi pandemica, le disuguaglianze economiche, sociali, razziali, di genere e non solo si sono accentuate: che il 98% dei posti di lavoro (in gran parte precari) persi durante la pandemia fosse occupato da donne è un dato di fatto, così come è un dato di fatto che la crescita attuale di occupazione, anche nelle Pubbliche Amministrazioni, crea ancora posti di lavoro precari, destinati, di preferenza, alle donne.
Nel comparto Scuola e Università, nonostante la stragrande maggioranza dei lavoratori addetti siano donne, è assolutamente evidente che lo sforzo compiuto da tutte/i non sta centrando gli obiettivi minimi di conciliazione vita-lavoro, anche per colpa dei sindacali confederali (CGIL, CISL e UIL) sempre pronti a svendere – in tutti i modi possibili – il nostro lavoro, calpestando la dignità dei dipendenti pubblici.
Migliorare la qualità della vita e del lavoro delle donne significa anche migliorare la condizione degli uomini.
Se si vuole davvero contrastare anche nei luoghi di lavoro la violenza contro le donne, dobbiamo riflettere per individuare tutte le modalità mediante le quali tale violenza viene esercitata, anche quelle più subdole.
Diciamo basta a tutte le forme di aggressione e oppressione che coinvolgono le lavoratrici e i lavoratori, facciamolo fattivamente, come impegno nei comportamenti quotidiani, come difesa attiva da attuare oggi, come obiettivo collettivo da centrare adesso, perché la competizione salariale e la mancata corrispettività anche nei diritti va ad esclusivo vantaggio di chi ci sfrutta.
Finché ci sarà qualcuno che non percepisce un adeguato stipendio o subisce condizioni di lavoro svantaggiose, tutti saremo obbligati a lavorare al ribasso con grande soddisfazione dei datori di lavoro, anche pubblici. |