Polizza sanitaria: dalle tasche dei lavoratori alle casse Unipol

Il contratto avrà durata triennale, con facoltà di rinnovo di altri due anni. Il valore massimo stimato dell’appalto per 5 anni è stato di 5.3058.735. Questo vuol dire che il fondo sussidi è stato di fatto svuotato per 5 anni.

Quindi, l’Ateneo pagherà ad Unisalute circa 1 milione di euro all’anno per l’erogazione del servizio della polizza sanitaria.

Un milione di euro che potevano finire direttamente nelle tasche dei lavoratori, senza passaggi intermedi. Senza alcuna polizza sanitaria.

Con questi soldi si potevano incrementare i fondi per il salario accessorio o aggiuntivo, si poteva allargare la platea di beneficiari del sussidio, o ancora meglio sostenere un piano per le PEO.

Ma non è andata così. Ora sappiamo chi è il contraente della polizza e a chi bisognerà chiedere.

Ora sappiamo chi farà lucro sullo smantellamento del SSN, alimentato dal proliferare del “welfare aziendale”.

Ricordiamo che la firma sul contratto integrativo 2017 che ha dato il via alla polizza sanitaria privata è stata apposta dalle segreterie di CGIL e CISL, non è mai stata confermata dalla RSU Unibo, ed è stata successivamente “validata” da una consultazione “prendere o lasciare” che metteva insieme mele e pere – per non ottenere poi né le une né le altre.

Intanto il parlamento a maggioranza leghista e pentastellata fa a pezzi il congedo di maternità obbligatorio, uno degli esempi più virtuosi del (fu) welfare italiano, proprio come era il SSN. Quello che non cade sotto i colpi del complesso politico-aziendale legato al Partito Democratico viene abbattuto da destra.

Troppo tardi per fare qualcosa? No: l’assemblea del personale convocata dalla RSU il 4 dicembre ha preteso un referendum sull’ultima proposta contrattuale, referendum che dovrà essere gestito dalle RSU, e ha respinto la proposta di  CGIL e CISL di procedere all’immediata sottoscrizione dell’”integrativo”.  

Ripartiamo da lì, è il primo passo!