Non c’entra con il nostro caso? certo che c’entra: la polizza sanitaria privata di Unibo sarà fatta con fondi già nostri: 600.000 euro sottratti al fondo per il sussidio, mentre l’Ateneo, in cuor suo, per far digerire la pillola, promette nuove risorse per 450.000 euro. Ci si chiede allora da dove provengono queste altre risorse, visto che l’Ateneo lamenta, solo quando lo chiediamo noi, vincoli di bilancio e lo spauracchio dei Revisori? E’ del tutto evidente che fondi per il personale Tecnico amministrativo ce ne sarebbero, e tanti. Quindi si pongono due domande: 1) che interesse ha l’Ateneo di Bologna a tirare fuori delle risorse per introdurre la polizza sanitaria? 2) Perché sostiene la polizza sanitaria mortificando il fondo per il sussidio?
Per il prossimo futuro la polizza ce la pagheremo. Infatti, adesso si usano poche risorse di bilancio aggiuntive. Successivamente, l’assicurazione “concessa” verrà opposta da qui all’eternità contro ogni richiesta di aumenti, progressioni stipendiali etc… Ma la cosa più grave, non ci stancheremo mai di ripeterlo, è che con il welfare aziendale e le defiscalizzazioni si distrugge il Servizio Sanitario Nazionale. Che, con tutti i suoi limiti, è quello che ha fatto del nostro un paese dove si fa prevenzione, si cura, si vive a lungo]
“Purtroppo l’opposizione all’utilizzo sempre più pervasivo del welfare aziendale e alla sua defiscalizzazione è quasi del tutto assente, come dimostra l’accordo firmato il 14 luglio 2016 dai maggiori sindacati italiani (Cgil, Cisl e Uil) con Confindustria […]. Oltre al danno anche la beffa: la destrutturazione del salario e l’ingresso a gamba tesa del welfare aziendale e ‘benefici’ fiscali annessi valgono esclusivamente per i lavoratori subordinati. Tutti gli altri collaboratori – partite Iva, lavoro autonomo assimilato, tirocinanti, ecc., sempre più numerosi, sono esclusi: a questi l’impresa non dovrà neppure elargire la parte variabile del salario, mantenendo intatta e ancora più feroce la guerra tra poveri […].
“Sul piano generale, il ricorso al welfare aziendale come forma di remunerazione ha a che fare con il ruolo dello Stato e della sua funzione democratica nel definire e soddisfare quei diritti che dovremmo considerare non già di cittadinanza ma proprio universali, quali la casa, la sanità, la pensione, la cura delle persone e l’istruzione, che prescindono dallo status di lavoratore. Da un lato, infatti, in un sistema basato sulla fiscalità generale, cioè sulle tasse versate dai cittadini, principalmente lavoratori, una riduzione del gettito fornisce un assist ai tagli di bilancio per sanità, istruzione, trasporti pubblici, assistenza di vario genere. Dall’altro, delegando la definizione del welfare alle imprese, si compie una vera e propria privatizzazione dello Stato sociale, lasciando, quindi, un diritto dei cittadini in balìa dell’arbitrarietà e degli obiettivi delle imprese.
Vi invitiamo a non cadere in questa mistificazione.
Gli unici a guadagnarci saranno le Compagnie assicurative e tutti i colleghi (molto pochi) che avendo un reddito alto non possono usufruire del beneficio del sussidio.
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