Come vi avevamo anticipato (leggi il nostro precedente comunicato cliccando qui!), si è finalmente attivato un tavolo tecnico su EVO e siamo quindi in parte riusciti a portare lì le vostre/nostre osservazioni.

Un solo incontro programmato, due ore fissate: troppo poco e – per come si è svolto – troppo male. La fine della riunione è sforata di oltre mezz’ora, sovrapponendosi alla plenaria RSU già convocata. Risultato? Decine di persone collegate per oltre quattro ore consecutive, senza pausa né pranzo. Una situazione inaccettabile che mostra per l’ennesima volta tutta la distanza tra i contesti decisionali e chi ogni giorno lavora, con serietà e dedizione (su questo ti invitiamo a leggere il comunicato “Tempo di riunioni” cliccando qui!).

Le nostre richieste al Tavolo Tecnico EVO

La prima

Valorizzare le figure dei referenti Tempus, figure preziose e ormai indispensabili in un sistema che, per come è costruito, lascia l’utente da solo davanti alla macchina EVO. Il disegno che pareva voler eliminare i Tempus, o svuotare di senso il loro lavoro, rappresentava una scelta miope. Oggi più che mai sappiamo che il loro lavoro di supporto a colleghe/i è indispensabile, in particolare per chi opera con orari non standard.

Per i referenti Tempus, abbiamo chiesto che i “contesti di struttura” non superino le 40 unità e che i referenti possano accedere a schermate semplificate, dove i nominativi siano in ordine alfabetico. Non è accettabile che oggi un solo referente debba gestire fino a 350 cartellini. Le funzioni di supporto devono essere davvero a fianco di lavoratrici e lavoratori.

La seconda

Lato utente, EVO continua a presentare problemi su più fronti. Se pensiamo che molte/i colleghe/i non sanno nemmeno dove si trovi il link per accedere al sistema, figuriamoci quanto difficile sia orientarsi tra schermate oscure e norme integrate in modo arbitrario.

Il risultato è – sappiamo – una totale confusione: chi evidenzia che i saldi mensili non sono chiari; chi pensa che non serva più avere le giornate correttamente registrate a sistema perché sono saltate le chiusure mensili, chi – senza un supporto – non riesce semplicemente a operare.

Non mancano i bug: timbrature non approvate, richieste respinte senza spiegazioni, problemi con la pausa pranzo gestita in modo arbitrario dal sistema, ferie che non si sa più come utilizzare e giornate che ora diventano “festività soppresse”. È una deriva tecnocratica che rischia di schiacciare tutto ciò che è umano, relazionale, contestuale.

Un chiarimento è arrivato

Per quanto concerne il sistema delle giustifiche, gli scostamenti sia in entrata che in uscita fino a 2 ore saranno automaticamente giustificati. Ma resta incomprensibile il perché di questa soglia, visto che in base all’Accordo d’Ateneo vigente (datato 1992) il “501 – debito orario” può essere gestito fino a metà della giornata lavorativa, mentre il “511 – credito orario da utilizzare” viene così limitato a 2 ore soltanto. Una contraddizione evidente.

Inoltre, si chiederà a ciascuno di selezionare un codice giustificativo (permesso studio, riposo compensativo ecc.) che non dovrà essere autorizzato e sarà automaticamente recepito nel cartellino, una sorta di “timbratura da remoto”. Un passaggio che ci vede favorevoli, perché permette di intercettare le specificità di chi lavora.

Cosa fare ora?

1. Riconoscere e valorizzare la figura dei Tempus, fermando un processo che pareva volerli ridurre a meri spettatori passivi.
2.  Avviare sanatorie immediate in base ai seguenti punti:
– nessuna penalizzazione sulle ore di “flessibilità trimestrale”, che pensavamo finalmente fosse stata abolita (su questa fesseria puoi leggere i nostri precedenti testi cliccando  qui!  quo!  qua!);
– tenere indenni le ferie di tutte/i, soprassedendo alle regole che mai ci sono state comunicate come quelle relative alle festività soppresse;
– consentire ai referenti Tempus di inserire le timbrature mancanti di chi ha giornate aperte da mesi (anche da marzo!), assegnando buoni pasto a tutte/i, senza discriminazioni e ritardi legati a un sistema ancora in rodaggio.
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EVO, così com’è, continua a manifestare i limiti di una progettazione imposta e pensata senza pensare alle persone, senza ascolto, senza rispetto. Un applicativo che, anziché semplificare, complica. Che invece di migliorare, scarica responsabilità. Che anziché includere, isola.
Noi continueremo, click dopo click, a difendere l’intelligenza collettiva di chi lavora, la dignità di chi ogni giorno tiene in piedi l’Ateneo e a smontare, con pazienza ma con decisione, tutto ciò che deumanizza il nostro lavoro.