SPACCHETTA E FRAMMENTA, SPACCA E SEPARA, CREA CAOS PER POI PROPORRE SOLUZIONI…

OCCORRE CAMBIARE MUSICA E SUONATORI.

Negli ultimi 10 anni almeno siamo stati vittime sacrificali di esercizi di riassetti organizzativi continui a tutti i livelli, progettati senza una idea-forza, col solo effetto certo di farci lavorare tutti peggio.

La precedente Governance ha raggiunto rari livelli di incompetenza nel manomettere una macchina funzionante, al solo scopo di comprimerne il costo. Con un prezzo che paghiamo ancora oggi.

Non facciamo fatica a riconoscere che una grande organizzazione è un po’ come un eterno cantiere, dove sempre occorre una manutenzione: ma il segno è stato abbondantemente superato e pagato a caro prezzo.

Esempi fallimentari di riassetti organizzativi è agevole trovarli ovunque volgiamo lo sguardo: ASB, SAM, Filiere didattiche, AFORM, AUTC, CESIA, APOS…

La responsabilità è univoca, è chiara e lampante ed è di chi ha progettato e voluto a tutti i costi questi interventi, dichiarando persino che “l’Ateneo ci metteva la faccia”.

Ebbene, a fonte del collasso organizzativo prodotto, qualche “faccia” ancora oggi in circolazione dovrebbe rimettere ogni incarico dirigenziale, o no?

Invece, pontifica e continua a modificare gli assetti organizzativi…

Va chiaramente detto: tutta la nostra solidarietà va alle Colleghe e Colleghi, che – nelle varie articolazioni dell’Ateneo – si ritrovano nella impossibilità di lavorare con un senso delle cose e tuttavia fanno funzionare tutto quanto…

Ora però basta.

In un mondo ideale si dovrebbe fare una rilevazione aggiornata dei carichi e poi progettare e programmare un potenziamento mirato e riequilibrato delle dotazioni di personale rispetto alla mission delle strutture.

Ma la situazione attuale NON lo consente e quindi occorre con urgenza:

1)    potenziare immediatamente gli organici con ruoli a tempo indeterminato, per riequilibrare subito i carichi di lavoro (anche in vista del PNRR);
2)    fare – poi – una rilevazione oggettiva dei carichi, per struttura e per Area;
3)    definire con chiarezza gli obiettivi assegnati alle strutture;
4)    semplificare la catena decisionale e rendere esplicito il sistema delle responsabilità;
5)    agevolare una mobilità interna, capace di incrociare aspettative da lungo tempo frustrate;
6)    ridisegnare alcuni profili professionali;
7)    stop alle esternalizzazioni di ogni risma;
8)    ma soprattutto, occorre fare tutto ciò a partire “dal basso”, cioè da chi conosce realmente il lavoro perché lo svolge quotidianamente. Chi lo organizza dall’alto ci ha portato al punto in cui siamo

Tutto questo è l’”ABC” di ogni intervento sull’organizzazione del lavoro.

E non è stato fatto, intenzionalmente o meno, causando danni importanti al funzionamento.

Quando durante la campagna elettorale recente abbiamo chiesto sopra ogni cosa una “inversione ad U delle politiche per il personale” è perché da tempo abbiamo chiare le cause di questa devastazione, a metà tra incompetenza e improvvisazione.

DEVE CAMBIARE L’INDIRIZZO. E DEVE CAMBIARE CHI LO ATTUA. NON C’È ALTERNATIVA CREDIBILE.

Questa governance deve fare un atto di coraggio: smettere di considerare il PTA come un costo e riconoscerlo come una risorsa strategica; investire le risorse anche finanziarie che servono all’organico e al trattamento economico.

OCCORRE UNA GRANDE ASSEMBLEA DI ATENEO SULLO STATO DELL’ORGANIZZAZIONE