Desideriamo proporre una riflessione su un aspetto che coinvolge in modo sempre più profondo il nostro lavoro quotidiano: la gestione del tempo nell’epoca del lavoro da remoto e della connessione digitale permanente.

È innegabile che il lavoro da remoto abbia introdotto novità che, per molti, hanno rappresentato un cambiamento positivo. Nessuno, infatti, auspica un ritorno generalizzato e rigido alla presenza in ufficio. Allo stesso tempo, però, dobbiamo interrogarci con lucidità su quanto sia diventato complesso — e in certi casi logorante — lavorare attraverso strumenti digitali come Teams. Se da un lato questi strumenti ci permettono di lavorare da casa, dall’altro ci espongono a una mole crescente di riunioni e richieste di partecipazione a telefonate che spesso sottraggono tempo e lucidità al lavoro vero e proprio.

Secondo dati recenti, contenuti in un rapporto Microsoft, il numero medio di riunioni settimanali è cresciuto del 153% rispetto al periodo pre-pandemico, così come è aumento del 252% del tempo di riunione settimanale. Va detto però che in base ad alcune ricerche promosse dalle Università britanniche, molto attive su questi temi, a questa “crescita di riunioni” non è corrisposto un incremento nella produttività, tutt’altro… Le evidenze neuroscientifiche raccolte evidenziano che l’attenzione in ambito digitale tende a calare bruscamente dopo i 30-40 minuti e che sarebbe buona prassi prevedere almeno 5 minuti di pausa ogni 25 minuti di riunione, così come già ampiamente descritto nell’ambito della cosiddetta “Tecnica del Pomodoro”.

Eppure, nella pratica quotidiana che viviamo in Unibo, è sempre più frequente assistere a giornate scandite da riunioni ravvicinate, spesso prive di un obiettivo chiaro e con un numero di partecipanti superiore a quanto realmente necessario. Purtroppo, il tempo impiegato non genera valore ma, al contrario, spesso alimenta confusione, affaticamento e frustrazione. Ti è mai capitato di stare in una riunione senza alcun ruolo attivo? Queste sono le sensazioni sbagliate di cui stiamo parlando…

È importante, inoltre, ricordare che lavorare è un’attività già di per sé impegnativa; se a questo si aggiungono continui momenti di coordinamento per rivedere obiettivi, “urgenze” e riorganizzare il lavoro, anche tramite la ridefinizione collettiva di testi o altro, si finisce per creare un sistema inefficiente e controproducente.

Oltre a questo, ci viene segnalato che molti colleghi e colleghe si trovano oggi a vivere un equilibrio precario tra l’esigenza di portare avanti attività concrete e la necessità di partecipare a un numero crescente di riunioni. 

Se questo fenomeno investe in particolare chi opera in ambito gestionale, amministrativo o comunicativo, è doveroso riconoscere che altre professionalità — come i tecnici, i bibliotecari o gli operatori di front office — sono, per fortuna, meno coinvolte da questa deriva e mantengono in genere un contatto più diretto con il lavoro “reale”.

Nel frattempo, si affaccia un nuovo elemento che rischia di accentuare ulteriormente queste dinamiche: l’introduzione crescente dell’Intelligenza Artificiale nella gestione delle attività. Strumenti che trascrivono automaticamente le riunioni, generano riassunti, misurano le attività o semplicemente suggeriscono orari ottimali per le riunioni stesse sono già da tempo realtà in Ateneo. Pur riconoscendo il potenziale positivo dell’innovazione, come abbiamo più volte affermato, riteniamo essenziale che ogni cambiamento tecnologico sia guidato da un confronto trasparente con chi lavora e non sia introdotto per via automatica o imposta, senza una riflessione condivisa sugli impatti organizzativi e personali.

Il tempo è una risorsa comune, limitata e preziosa. Utilizzarlo con consapevolezza e rispetto non è soltanto una questione di efficienza, ma un principio fondamentale di dignità del lavoro. L’obiettivo deve essere quello di garantire strumenti, tempi e modalità che consentano a ciascuna/o di esprimere al meglio le proprie competenze, senza subire un sovraccarico organizzativo che, a lungo andare, compromette la qualità e il senso stesso del lavoro.

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Come RLS di CUB SUR, sulla base di queste evidenze abbiamo più volte chiesto che venga garantita una maggiore attenzione alla qualità del tempo lavorativo e abbiamo ritenuto opportuno proporre di limitare la durata delle riunioni a un massimo di 45 minuti, introdurre pause regolari, ridurre il numero complessivo di incontri online e valorizzare il lavoro individuale, non solo in termini di risultato, ma anche come spazio di concentrazione, approfondimento e benessere.

Come CUB chiediamo inoltre che ogni trasformazione tecnologica — a partire dall’intelligenza artificiale — sia oggetto di confronto preventivo, coinvolgendo chi lavora nella definizione di scelte che avranno un impatto sulla vita quotidiana di tutti (a breve su questo tema invieremo un nostro approfondimento relativo alle Segreterie Studenti).

Per tutte queste ragioni, abbiamo inoltrato una apposita diffida (vedi link) al datore di lavoro e agli organi di vigilanza affinché sia attivata una nuova valutazione dello stress lavoro-correlato, viste le precedenti risultanze (consulta il nostro ultimo comunicato sul tema cliccando qui!) e considerata la totale inerzia dell’Ateneo sul tema.