Praticare la più completa autonomia dai governi e dai partiti, oltre che dal padronato, è il modo attraverso il quale caratterizziamo il nostro impegno in senso democratico, affinché il nostro sindacato sia davvero autonomo e siano sempre le lavoratrici e i lavoratori a decidere sulle questioni che li riguardano direttamente. La CUB è in sostanza un sindacato che fa il sindacato senza commistioni politiche di alcun tipo.
Ciò però non significa non intervenire nei contesti decisionali, anche politici, per promuovere una maggior tutela di tutte/i. Proprio per questo, dopo aver promosso un reclamo al Comitato europeo dei diritti sociali contro lo Stato italiano (vedi link) la CUB ha lanciato un nuovo appello per un confronto con tutte le forze politiche sul tema salariale che si è per il momento concretizzato lo scorso 10 luglio in un convegno convocato presso il Senato della Repubblica al quale abbiamo partecipato.
La trattazione aveva come bersaglio non soltanto i “contratti pirata” spesso adottati per i lavoratori in appalto presso le PA, ma anche quelli dei dipendenti pubblici che quando sarà introdotto il salario minimo – secondo il disegno che abbiamo presentato – potranno vedere riproporzionate anche le loro paghe tramite un innalzamento della cifra oraria di base in ragione della tipologia delle mansioni svolte.
L’obiettivo di CUB è infatti imporre forti limiti alla contrattazione collettiva attuata dai sindacati concertativi (CGIL, CISL e UIL in primis) che negli anni non hanno nemmeno garantito l’adeguamento reale dei salari al fine di costruire un modello retributivo adeguato che, a partire delle attività lavorative da tutelare tramite il salario minimo, consenta un aumento proporzionale anche dei nostri stipendi.
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Perché oggi si parla di una vera e propria emergenza salariale?
L’Italia, Repubblica fondata sul lavoro, ha disatteso i principi costituzionali sul diritto ad una retribuzione proporzionata e sufficiente (art. 36 della Costituzione). Secondo OIL e ISTAT, i salari reali in Italia sono diminuiti dell’8,7% dal 2008 al 2024. L’inflazione e l’aumento dei costi (alimenti e alloggi) hanno colpito duramente i lavoratori a basso reddito. E la contrattazione nazionale non frena tali meccanismi, ma li incentiva.
Quasi il 52% dei lavoratori con bassi salari sono donne, con un gap retributivo mensile del 20%. I migranti percepiscono il 26,3% in meno rispetto agli italiani, e le lavoratrici migranti subiscono doppia discriminazione.
La povertà lavorativa è una piaga sociale tanto che la Caritas denuncia un aumento del lavoro povero: l’8% degli occupati vive in povertà. Sono in crescita anche le richieste di aiuto da parte di chi ha un lavoro ma non riesce a vivere dignitosamente.
Per questo sono state proposte tre azioni urgenti!
- salario minimo legale di almeno 12 euro/ora, con rivalutazione automatica degli stipendi di tutte/i e adeguamento reale delle pensioni;
- ripristino di misure universali di sostegno alla povertà, svincolate da criteri categoriali (c.d. reddito minimo garantito);
- contrasto all’abuso della precarietà, con riduzione delle tipologie contrattuali e fine del ricatto occupazionale.
A margine dell’incontro presso il Senato della Repubblica è stato inoltre segnalato come necessario il blocco di ogni revisione restrittiva della L. n. 146/1990 ed è stata ribadita la più ferma opposizione all’aumento della spesa militare che sottrae risorse a sanità, istruzione e trasporti.
Per saperne di più guarda il video al link e consulta la relazione del Convegno CUB su SALARIO